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sabato 23 aprile 2016

Amoris laetitia: la castità negata

Un tema è sorprendentemente assente nella esortazione apostolica "Amoris Laetitia": il tema della castità in genere e della castità coniugale in particolare.
Basti rilevare che la parola "castità" è presente una sola volta nel documento: al paragrafo 206, quando si accenna alla castità dei fidanzati come "condizione preziosa per la crescita genuina dell’amore interpersonale".
Niente altro.
A dir la verità qualcos'altro c'è quando la castità coniugale viene addirittura attaccata come condizione pericolosa. Sembra incredibile, ma è proprio quello che si capisce dalla nota 329:

"In queste situazioni, molti, conoscendo e accettando la possibilità di convivere “come fratello e sorella” che la Chiesa offre loro, rilevano che, se mancano alcune espressioni di intimità, «non è raro che la fedeltà sia messa in pericolo e possa venir compromesso il bene dei figli» (Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. Gaudium et spes, 51)."

A quali condizioni si riferisce?
Il riferimento da cui nasce la nota è al paragrafo 298, dove si considera la situazione difficile di risposati divorziati i quali, avendo nuovi figli, si trovano in una condizione difficile per ottemperare alla richiesta di separarsi, poiché questo pregiudicherebbe l'educazione dei figli della nuova unione. La Chiesa riconosce tali difficoltà e quindi richiede almeno che i due convivano come "fratello e sorella". Quindi osservando la castità.
Ora, in questa incredibile nota, si afferma addirittura che la castità sarebbe un male, poiché "se mancano alcune espressioni di intimità, non è raro che la fedeltà sia messa in pericolo e possa venir compromesso il bene dei figli".
Oltre al fatto incredibile che qui la castità viene messa in relazione diretta con l'infedeltà (come se la castità fosse contro natura), la cosa scandalosa è che a sostegno di questa oscenità venga citata la Costituzione Pastorale Gaudium et Spes del Concilio Vaticano II. Ovviamente il documento conciliare afferma precisamente il contrario. Questa è la prima parte del paragrafo 51:

"Il Concilio sa che spesso i coniugi, che vogliono condurre armoniosamente la loro vita coniugale, sono ostacolati da alcune condizioni della vita di oggi, e possono trovare circostanze nelle quali non si può aumentare, almeno per un certo tempo, il numero dei figli; non senza difficoltà allora si può conservare la pratica di un amore fedele e la piena comunità di vita. Là dove, infatti, è interrotta l'intimità della vita coniugale, non è raro che la fedeltà sia messa in pericolo e possa venir compromesso il bene dei figli: allora corrono pericolo anche l'educazione dei figli e il coraggio di accettarne altri."
Qui la situazione descritta è radicalmente diversa: si parla di una coppia regolare che vorrebbe, ma è ostacolata dalle condizioni. Qui si afferma (e viene citata nella Amoris Laetitia) che "dove è interrotta l'intimità della vita coniugale, non è raro che la fedeltà sia messa in pericolo": ma si tratta dell'intimità della vita coniugale, non solo dell'aspetto sessuale. E che il riferimento non sia solo all'aspetto sessuale si capisce dalla frase in mezzo (che altrimenti non si capirebbe) "si può conservare la pratica di un amore fedele e la piena comunità di vita".
Questa lettura è confermata più avanti nello stesso paragrafo, dove si afferma esplicitamente il valore della castità:

"Perciò, quando si tratta di mettere d'accordo l'amore coniugale con la trasmissione responsabile della vita, il carattere morale del comportamento non dipende solo dalla sincera intenzione e dalla valutazione dei motivi, ma va determinato secondo criteri oggettivi, che hanno il loro fondamento nella dignità stessa della persona umana e dei suoi atti, criteri che rispettano, in un contesto di vero amore, il significato totale della mutua donazione e della procreazione umana; cosa che risulterà impossibile se non viene coltivata con sincero animo la virtù della castità coniugale."
I casi sono due: nel primo caso fantastico affermiamo che queste due parti del paragrafo 51 sono in contraddizione, poiché si afferma prima che interrompendo l'intimità (con la castità) la fedeltà è messa in pericolo e poi si afferma che occorre coltivare con sincero animo la virtù della castità coniugale.
Nel secondo caso non c'è nessuna contraddizione perché la castità coniugale non coincide con l'intimità della vita coniugale. Quindi vi può essere "la pratica di un amore fedele e la piena comunità di vita" anche nel caso di non poter avere dei figli, "cosa che risulterà impossibile se non viene coltivata con sincero animo la virtù della castità coniugale".
Ora torniamo alla Amoris Laetitia. La cosa terribile della nota è che essa mette esplicitamente in opposizione l'intimità coniugale con quelli che vivono come "fratello e sorella", come se chi evitasse i rapporti sessuali, poiché mancano alcune espressioni di intimità, allora la fedeltà viene messa in pericolo.
Questo è un trabocchetto linguistico davvero triste: nella AL (Amoris Letitia) è scritto "alcune espressioni di intimità", mentre nella GS (Gaudium et Spes) è scritto "è interrotta l'intimità della vita coniugale". Sono due cose palesemente differenti. Però nel primo caso si pretende di usare la stessa conseguenza ("la fedeltà messa in pericolo") del secondo caso. Cioè, nel primo caso (AL) la logica del ragionamento è completamente distorta, perché si applica la stessa conseguenza del secondo caso, che però afferma una condizione di rottura completa dell'intimità, non la mancanza di alcune espressioni dell'intimità.
E questo senza contare che il secondo caso (GS) parla del rapporto difficile di una coppia regolare, mentre nel primo caso si parla di una coppia irregolare.
In altre parole, la nota tenta di contrastare il valore della castità, citando a sproposito un brano di un documento conciliare che cita un caso diverso e finisce per esaltare la virtù castità.

C'è un ultimo tassello da considerare, per comprendere quanto è stata scritta male questa nota.
Rileggiamola:

"In queste situazioni, molti, conoscendo e accettando la possibilità di convivere “come fratello e sorella” che la Chiesa offre loro, rilevano che, se mancano alcune espressioni di intimità, «non è raro che la fedeltà sia messa in pericolo e possa venir compromesso il bene dei figli» (Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. Gaudium et spes, 51)."
Pur riprendendo una citazione dalla Gaudium et Spes, la nota ci informa che "molti...rilevano che...".
Ma chi saranno mai questi molti? E perché citare dei generici "molti"? Sono dei personaggi importati? Sono persone dotte oppure sono degli emeriti ignoranti?
Che bisogno c'era di rendere così impersonale questo delicatissimo passaggio? Perché non prendersi la responsabilità di affermare "io stabilisco che..." citando a supporto la GS?
Mah. La confusione impera. E la virtù della castità è negata.