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sabato 27 luglio 2019

CL preferisce salvare gli assassini

"Il gruppo di CL cui appartenevano sia la vittima sia l'imputato ha preferito salvare un barbaro assassino che una vergine accoltellata".
Queste, secondo un articolo del Giornale, le parole precise di un magistrato, pronunciate in un'aula di giustizia.

Le parole sono state pronunciate nell'aula della Corte d'assise d'appello nel processo relativo all'omicidio di Lidia Macchi, diciottenne seguace del movimento di Comunione e Liberazione, avvenuto nella notte tra il 5 e il 6 gennaio 1987. Un omicidio efferato, ben ventotto coltellate.

Le parole sono state pronunciate dal sostituto pg Gemma Gualdi, la quale aveva ha sostenuto l’accusa in primo e secondo grado.

C'è molto da dire su questa vicenda, ma è già stato detto tantissimo e pure piuttosto bene, per esempio in questo ottimo pezzo su Tempi. Per riassumere in poche parole: un caso giudiziario diventato un esercizio di persecuzione e di pregiudizio nei confronti di una realtà, quella di Comunione e Liberazione, che allora dava fastidio ai poteri costituiti. Una persecuzione che dopo oltre trent'anni non è finita, perché la sola nostra esistenza è motivo sufficiente di persecuzione.

Una persecuzione che ha avuto dei momenti di parossismo, per esempio quando l'accusa accusò di falsa testimonianza un testimone, che scagionava l'innocente Stefano Binda perché con lui in vacanza la notte dell'omicidio. O per esempio quando i magistrati che verranno in seguito severamente biasimati e pesantemente condannati dal Csm per aver indagato non rispettando la legge, male e in un’unica direzione (preti e amici di Cl della vittima), per cui, come atto preliminare, in sede di avocazione dell’inchiesta, nel 2013, la Procura generale di Milano dovrà compiere l’atto ufficiale di aprire formalmente l’inchiesta a carico del sacerdote e, contestualmente, chiuderla immediatamente per mancanza di prove.

Devo dire che non mi aspetto, dopo questa dichiarazione di un magistrato, alcuna dichiarazione da parte di CL. La CL di oggi preferisce non esporsi pubblicamente, preferisce non essere visibile, preferisce non esprimere giudizi. Mi aspettavo invece una qualche reazione di qualche altro soggetto isolato. Una reazione che c'è stata, ma dal tono completamente sbagliato.

Dispiace perché tante volte ho apprezzato gli scritti di Luigi Amicone e gli interventi puntuali della rivista Tempi. Ma stavolta non ci siamo proprio. Mi pare che l'articolo in questione abbia proprio mancato il bersaglio.

Intanto partiamo dal punto focale, imprescindibile per l'ottica cristiana. Lidia Macchi oggi è viva e, a Dio piacendo, gode di beatitudine infinita nel Regno dei Cieli. CL preferirebbe salvare un barbaro assassino? Si, certo. Proprio come insegna da sempre la Chiesa e proprio come ha insegnato Gesù stesso, per esempio con la parabola del pastore che cerca la pecorella smarrita e poi della donna che cerca la moneta smarrita.

Si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano: «Costui riceve i peccatori e mangia con loro». Allora egli disse loro questa parabola: «Chi di voi se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va dietro a quella perduta, finché non la ritrova? Ritrovatala, se la mette in spalla tutto contento, va a casa, chiama gli amici e i vicini dicendo: Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora che era perduta. Così, vi dico, ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione.
O quale donna, se ha dieci dramme e ne perde una, non accende la lucerna e spazza la casa e cerca attentamente finché non la ritrova? E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, dicendo: Rallegratevi con me, perché ho ritrovato la dramma che avevo perduta. Così, vi dico, c'è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».
(Lc 15, 1-10)
Ancora oggi, dopo duemila anni, lo scandalo della ricerca e del recupero della feccia dell'umanità è insopportabile per l'ideologia modernista oggi dominante. Una ideologia così pervasiva e martellante che anche chi ha fede rischia ogni momento di assorbirla e di usarla come misura di giudizio.




giovedì 25 luglio 2019

Il mistero dell'uomo

Il vangelo di domenica 21 luglio richiamano alla responsabilità umana, al suo livello più profondo.
Oggi viviamo in un'epoca nella quale domina il relativismo, cioè il pre-giudizio che probabilmente una verità non c'è, ma anche ci fosse non abbiamo i criteri per riconoscerla e quindi essa rimane comunque inconoscibile.

La conseguenza ovvia è il disimpegno.
Per cosa impegnarsi, infatti?
Per il bene?
E cosa è il bene? Qual'è il bene, per me o per il prossimo?
Se non c'è nessuna verità, come faccio a sapere il bene?

Ma quando un bene oggettivo è presente, non si fanno calcoli: allora ci si rende operativi, facendo l'utile ed il possibile, secondo le proprie capacità.
Anche questo atteggiamento propositivo e operativo rischia però di essere ingannevole, rischia di essere l'atteggiamento "buonista" di chi non si preoccupa di conoscere il bene e ritiene di fare il "bene" e di far coincidere il "bene" con quello che fa.

Al contrario, qualsiasi cosa si faccia, la ricerca del bene rimane sempre una responsabilità cruciale. Questo secondo me è il senso profondo della risposta di Gesù a Marta, la quale, impegnata nelle faccende domestiche, si lamentava con Gesù che Maria non le desse un aiuto e "perdesse" il tempo ad ascoltarlo.
Il cuore del problema di Marta non era il suo impegnarsi nelle faccende domestiche, certamente utili e necessarie. Il cuore del problema è che quello per lei fosse lo spunto per lamentarsi della presunta inazione altrui.

Il richiamo di Gesù è invece alla ricerca del "bene", definito come l'unica cosa necessaria, perché l'azione senza ricerca del bene è una illusione di bene. E il "bene" di ciascuno è Cristo stesso, lui presente nell'intimo di ciascuno di noi come afferma San Paolo nella seconda lettura dello stesso giorno. "il mistero nascosto da secoli e da generazioni, ma ora manifestato ai suoi santi. A loro Dio volle far conoscere la gloriosa ricchezza di questo mistero in mezzo alle genti: Cristo in voi, speranza della gloria". (Col 1, 25-28).

Il bene è nell'intimo di ogni uomo, è il mistero nascosto nell'intimo di ogni uomo: Cristo in noi, la speranza della gloria.

domenica 14 luglio 2019

La menzogna sul "prossimo"

Sono diversi mesi che non scrivo, preso dalla frenesia della vita quotidiana e dalla difficoltà di trovare il tempo per riflettere un attimo. Ma ci sono momenti che sono come una scossa, per cui ci si deve fermare e si deve scrivere una riflessione.

L'occasione questa volta è un tema che mi è caro, tanto più che da vent'anni sento ripetere quella che secondo me è una interpretazione completamente sbagliata del vangelo di oggi.

Il brano di vangelo in questione è quello della celebre parabola del "buon samaritano" (Lc 10, 25-37) e proprio perché celebre mi sembra ancor più incredibile che si continui con questa interpretazione sbagliata. Eppure l'interpretazione è semplice, perché lo stesso Gesù parla chiaro.
L'equivoco può nascere perché alla fine del brano Gesù afferma "Va' e anche tu fa' lo stesso". Ma tutto il tema della parabola è la risposta alla domanda iniziale del dottore della Legge: "E chi è il mio prossimo?". Se si scollega la parabola da questa domanda si potrebbe accusare Gesù di essere stato evasivo e di non aver risposto. Invece proprio alla fine la parabola si conclude con il chiaro riferimento alla domanda iniziale: "Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti? Quello rispose: Chi ha avuto compassione di lui. Gesù rispose: Va' e anche tu fa' lo stesso".

Il sottinteso, che non viene colto da chi sbaglia l'interpretazione, è che chi è caduto nelle mani dei briganti alla fine amerà il samaritano. Quello è il suo prossimo. E quello Gesù invita ad amare. Invita ad amare non chi appartiene al tuo popolo, non il levita (il ministro del tempio), ma lo straniero, l'eretico secondo i giudei, che però si è preso cura di lui. E questo è il messaggio di questa parabola, straordinariamente rivoluzionario per la mentalità dell'epoca.

Invece si assiste alle solite omelie "buoniste", di quelle che inneggiano alla cura dei poveri/stranieri/migranti perché quelli sono il nostro prossimo, senza alcun riguardo e alcuna considerazione su cosa abbiano fatto e su cosa abbiano intenzione di fare. Ma con questo messaggio buonista la parabola perde ogni significato rivoluzionario e ogni carica esplosiva. Così non c'è nemmeno bisogno di credere in Dio.

Ed è quello che, non a caso, ha affermato proprio oggi Papa Francesco, prima della recita dell'Angelus: "anche uno che non conosce il vero Dio e non frequenta il suo tempio, è capace di comportarsi secondo la sua volontà, provando compassione per il fratello bisognoso e soccorrendolo con tutti i mezzi a sua disposizione".
Il piccolo problema è che con questa interpretazione il buon samaritano diventa il protagonista della parabola e l'uomo aggredito diventa il prossimo: "Gesù, dunque, propone come modello il samaritano, proprio uno che non aveva fede! Anche noi pensiamo a tanta gente che conosciamo, forse agnostica, che fa del bene. Gesù sceglie come modello uno che non era un uomo di fede. E questo uomo, che amando il fratello come sé stesso, dimostra di amare Dio con tutto il cuore e con tutte le forze – il Dio che non conosceva! -, ed esprime nello stesso tempo vera religiosità e piena umanità" (Papa Francesco).
Ma questo è esattamente l'opposto di quanto dice il Vangelo. Il protagonista della parabola è l'uomo aggredito e il suo prossimo, quello che è invitato ad amare, è il buon samaritano, quello che si prende cura di lui.