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domenica 14 luglio 2019

La menzogna sul "prossimo"

Sono diversi mesi che non scrivo, preso dalla frenesia della vita quotidiana e dalla difficoltà di trovare il tempo per riflettere un attimo. Ma ci sono momenti che sono come una scossa, per cui ci si deve fermare e si deve scrivere una riflessione.

L'occasione questa volta è un tema che mi è caro, tanto più che da vent'anni sento ripetere quella che secondo me è una interpretazione completamente sbagliata del vangelo di oggi.

Il brano di vangelo in questione è quello della celebre parabola del "buon samaritano" (Lc 10, 25-37) e proprio perché celebre mi sembra ancor più incredibile che si continui con questa interpretazione sbagliata. Eppure l'interpretazione è semplice, perché lo stesso Gesù parla chiaro.
L'equivoco può nascere perché alla fine del brano Gesù afferma "Va' e anche tu fa' lo stesso". Ma tutto il tema della parabola è la risposta alla domanda iniziale del dottore della Legge: "E chi è il mio prossimo?". Se si scollega la parabola da questa domanda si potrebbe accusare Gesù di essere stato evasivo e di non aver risposto. Invece proprio alla fine la parabola si conclude con il chiaro riferimento alla domanda iniziale: "Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti? Quello rispose: Chi ha avuto compassione di lui. Gesù rispose: Va' e anche tu fa' lo stesso".

Il sottinteso, che non viene colto da chi sbaglia l'interpretazione, è che chi è caduto nelle mani dei briganti alla fine amerà il samaritano. Quello è il suo prossimo. E quello Gesù invita ad amare. Invita ad amare non chi appartiene al tuo popolo, non il levita (il ministro del tempio), ma lo straniero, l'eretico secondo i giudei, che però si è preso cura di lui. E questo è il messaggio di questa parabola, straordinariamente rivoluzionario per la mentalità dell'epoca.

Invece si assiste alle solite omelie "buoniste", di quelle che inneggiano alla cura dei poveri/stranieri/migranti perché quelli sono il nostro prossimo, senza alcun riguardo e alcuna considerazione su cosa abbiano fatto e su cosa abbiano intenzione di fare. Ma con questo messaggio buonista la parabola perde ogni significato rivoluzionario e ogni carica esplosiva. Così non c'è nemmeno bisogno di credere in Dio.

Ed è quello che, non a caso, ha affermato proprio oggi Papa Francesco, prima della recita dell'Angelus: "anche uno che non conosce il vero Dio e non frequenta il suo tempio, è capace di comportarsi secondo la sua volontà, provando compassione per il fratello bisognoso e soccorrendolo con tutti i mezzi a sua disposizione".
Il piccolo problema è che con questa interpretazione il buon samaritano diventa il protagonista della parabola e l'uomo aggredito diventa il prossimo: "Gesù, dunque, propone come modello il samaritano, proprio uno che non aveva fede! Anche noi pensiamo a tanta gente che conosciamo, forse agnostica, che fa del bene. Gesù sceglie come modello uno che non era un uomo di fede. E questo uomo, che amando il fratello come sé stesso, dimostra di amare Dio con tutto il cuore e con tutte le forze – il Dio che non conosceva! -, ed esprime nello stesso tempo vera religiosità e piena umanità" (Papa Francesco).
Ma questo è esattamente l'opposto di quanto dice il Vangelo. Il protagonista della parabola è l'uomo aggredito e il suo prossimo, quello che è invitato ad amare, è il buon samaritano, quello che si prende cura di lui.

5 commenti:

  1. Da quando seguo il tuo sito ti ho visto improvvisarti teologo, storico della chiesa, mariologo, canonista... ora anche esegeta. Come al solito fai un buco nell'acqua perché parli di argomenti rispetto ai quali al massimo potresti proporre una tua opinione, mentre invece parli come uno che ha la verità infusa e che ha la retta opinione su tutto.
    Il senso della parabola è esattamente quello di proporre una prossimità "attiva": noi ci facciamo prossimi nel momento in cui ci facciamo carico delle persone che sono in una situazione di difficoltà. Da questo punto di vista le appartenenze etniche e religiose diventano del tutto secondarie. Il bene fatto ad un bisognoso è bene e basta e acquista maggiore rilevanza se si va oltre le appartenenze come fa il Samaritano della parabola. L'invito di Gesù è quello ad andare oltre il cerchio ristretto delle appartenenze identitarie. E' un tema presente anche in molti detti di Gesù (ad es. Lc, 6,32: Se amate quelli che vi amano, quale grazia ve ne viene? Anche i peccatori amano quelli che li amano). E anche su questo mi viene da dire che se fossero stati altri a proporre l'interpretazione che ora contesti, non avresti trovato il tempo nella tua frenetica attività per scrivere cose che sono assai discutibili.

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  2. Quindi secondo te il prossimo è colui che sofferente è pure emarginato da tutti gli altri?
    Questa è una interpretazione che contraddice il testo, perché Gesù domanda chi è il prossimo di quello aggredito.

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  3. No. Il prossimo è il samaritano che si fa carico della sofferenza di uno di un'etnia diversa. Gesù invita a diventare prossimi a prescindere e non a valutare se uno è prossimo per poi aiutarlo.

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  4. Che Gesù inviti a diventare il prossimo è una tua invenzione.
    Gesù in quel brano invita ad amare il prossimo, nulla dice sul "diventare" il prossimo.
    La qual cosa sarebbe pure assurda: invita forse a diventare colui che dovrebbe essere oggetto di amore?

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  5. Per tornare alla parabola del buon samaritano, ciò che mi voglio chiedere è che cosa è scattato in lui, che meccanismo si è messo in moto nel suo animo, quale concreto cammino egli ha percorso per farsi prossimo di quel disgraziato, soccorrerlo, prevederne i bisogni futuri. E mi voglio chiedere conseguentemente che cosa deve scattare in me, in ogni mio fratello e sorella, in ogni comunità cristiana, quali forze vanno risvegliate, quali responsabilità vanno assunte, quali itinerari vanno percorsi, perché noi possiamo ripetere il gesto del buon samaritano qui e ora, nel mondo d'oggi... (Carlo Maria Martini, Farsi prossimo)

    Il testo completo della lettera pastorale

    https://www.unachiesaapiuvoci.it/archivio/154-13-farsi-prossimo.pdf

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