Così stiamo arrivando al grande giorno, il Family Day del 30 gennaio.
Gli schieramenti ormai sono delineati, con Galantino contrario alla piazza e Bagnasco (stavolta esplicitamente) a favore della partecipazione. Un pochino a sorpresa arriva al momento giusto la dichiarazione del Papa (solitamente prudente nelle contrapposizioni) il quale in un discorso alla Rota Romana ha dichiarato che "non può esserci confusione tra la famiglia voluta da Dio e ogni altro tipo di unione". Una dichiarazione che sembra anche appoggiare le perplessità sulla incostituzionalità della legge Cirinnà espressa da tanti costituzionalisti.
Purtroppo chi guida CL anche questa volta si esprime per una contrarietà alla piazza come luogo di manifestazione di una identità. In un articolo di Carron sul Corriere della Sera (ma perché si scelgono certi organi di informazione per diffondere il proprio pensiero? Mah...) vengono in qualche modo spiegate le ragioni per cui si evita questa contrapposizione, questa scelta di visibilità. Ragioni che mi sembrano largamente insufficienti, anche perché non toccano il nocciolo della questione.
Questa volta è svanita la scusa della neutralità della Chiesa, questa volta vi sono numerosi vescovi che hanno esplicitamente invitato a partecipare e a dare il massimo impegno per la riuscita dell'iniziativa. Quindi, delle ragioni dichiarate la scorsa volta, è rimasto ben poco.
Di fatto, l'unica ragione ripetuta è che "chi ritiene che questo mini le basi della società si oppone spesso con lo stesso accanimento [di chi vuole la legge sulle unioni civili], senza riuscire a sfidare minimamente, anzi, alimentando, la posizione che combatte". Questo perché, allineandosi al dominante mainstream mediatico, si vuole pregiudizialmente leggere questa manifestazione come una manifestazione "contro".
La fragilità di questa posizione si rende manifesta quando si tenta di giustificarla con una citazione da san Paolo: "Chi ci libererà da questa situazione mortale?". Ecco il brano completo di san Paolo, dal quale si capisce bene il contesto: "Mi compiaccio della legge di Dio secondo l'uomo interiore, ma vedo una legge diversa nelle mie membra che osteggia la legge della mia mente e mi rende schiavo alla legge del peccato che sta nelle mie membra. Uomo infelice che sono! Chi mi libererà dal corpo che porta questa morte?" (Rm 7, 22-24). Evidentemente qui si tratta di una lotta spirituale, di un combattimento spirituale. E san Paolo conferma: "Le aspirazioni della carne conducono alla morte, mentre le aspirazioni dello Spirito sono vita e pace. Poiché i desideri della carne sono in ostilità verso Dio: non si sottomettono alla legge di Dio, né lo possono fare... Perciò fratelli non siamo debitori verso al carne: poiché se vivrete secondo la carne, morrete; se invece con lo Spirito ucciderete le azioni del corpo, vivrete" (Rm 8, 6-13).
Tutto vero quello che dice Carron; ma cosa c'entra tutto ciò con le manifestazioni di piazza? Assolutamente niente. Carron cita come esempio di esperienza da suscitare il rapporto di amicizia che è nato tra una coppia del movimento con un omosessuale, il quale ha affermato "sarebbe bello vivere il lavoro e i rapporti come li vivete tu e tua moglie". E cosa impedisce che accadano episodi edificanti di questo tipo, se si partecipa a questa manifestazione? Cosa c'entra questo con la partecipazione alla manifestazione? Assolutamente nulla. Carron tratta la questione come se fossimo degli invasati che vogliano far cambiare idea agli altri semplicemente andando in piazza. Un'idea davvero bislacca, che non so da dove possa nascere.
La questione è un'altra e riguarda le radici di CL. Riguarda un certo andazzo che, pur presente agli inizi del 2000 (quando c'era Giussani) ora è divenuta dominante. E la questione è che
CL ha tendenzialmente smesso di fare esperienza, di impegnarsi in opere, cioè quelle cose rischiose a causa delle quali si rischia di sporcarsi le mani. E le mani ce le siamo sporcate, alcuni di noi hanno tradito. Ma il problema non è questo (chi non ha tradito? persino i dodici hanno tutti tradito e sotto la croce dei dodici c'era solo Giovanni, che all'epoca era un giovinetto). Non si può evitare il rischio del tradimento. Ma fare di meno non è da cristiani. Non esporsi non è da cristiani. E nemmeno da ciellini. E le opere sono necessarie, perché solo dalle opere vissute personalmente nasce l'esperienza e si forma il giudizio. Solo così il giudizio viene progressivamente educato dalla realtà che emerge nell'esperienza. Questa educazione del giudizio si chiama verifica. La verifica è il luogo dove il giudizio apprende dall'esperienza. Altrimenti inevitabilmente, nel tempo, il giudizio non potrà che adeguarsi alla moda del momento, al giudizio dominante nel mondo.
Nel libro sulla Fraternità ("L'opera del Movimento, La Fraternità di Comunione e Liberazione") si legge lo Statuto della Fraternità di Comunione e Liberazione, che ancora oggi (modificato in qualche altra parte) recita:
"Il senso profondo del movimento è il richiamo alla memoria di Cristo, quotidianamente
vissuta nelle circostanze della vita e la natura specifica del suo carisma può essere così descritta:
– l’insistenza sulla memoria di Cristo come affermazione dei fattori sorgivi dell’esperienza cristiana in quanto originanti la vera immagine dell’uomo;
– l’insistenza sul fatto che la memoria di Cristo non può essere generata se non nella immanenza ad una comunionalità vissuta;
– l’insistenza sul fatto che la memoria di Cristo inevitabilmente tende a generare una comunionalità visibile e propositiva nella società."
Il nostro carisma è in qualche modo "il carisma della memoria", cioè di un avvenimento presente che si manifesta come continuazione di un avvenimento nato nel passato, in un momento storico ben preciso. Questo implica il riconoscimento che l'Avvenimento che si manifesta ai nostri occhi svolge il suo dinamismo nel tempo, non è un momento fugace, ma ci conduce e ci accompagna nel tempo. Ma questo implica anche il riconoscimento di una responsabilità e di una intelligenza nel comprenderne la natura e nel leggere i significati. Per questo il Prologo dello Statuto continua così:
"Come contingente esemplificazione della dinamica del grande metodo cristiano dell’incarnazione, il movimento ha sempre inteso realizzare la propria vocazione “cattolica” e “missionaria” impegnando se stesso nella Chiesa, con la Chiesa e per la Chiesa, nell’obbedienza al Papa e ai Vescovi e nella ricerca dell’unità dei cristiani dentro ogni ambiente, segno della resurrezione di Cristo per l’uomo di oggi."
Come conciliare allora la posizione di Carron con l'invito esplicito di tanti vescovi? Come conciliare la mancata presenza ufficiale del movimento con "la ricerca dell'unità dei cristiani dentro ogni ambiente" espressa nel Prologo? Forse quelli che andranno in piazza non sono cristiani? Non sono nostri fratelli? Non dobbiamo incontrare anche loro, oltre a tanti altri fratelli (diversamente gender) di qualsiasi orientamento? La grande questione che occorre porre e a cui non viene data risposta è proprio questa: l'esserci è costitutivo del mio essere, del mio essere cristiano. Posso ragionevolmente non esserci se sono impegnato da un'altra parte. Ma mi dovrebbe essere fornita un'alternativa, un'altra cosa a cui partecipare. Qui invece l'alternativa è tra l'esserci e il non fare niente. Quello che Carron propone di fare, posso farlo benissimo lo stesso. Essere presente sul lavoro in un modo tale per cui qualcun altro possa dirmi "ma come fai ad essere così? io vorrei essere così" posso farlo benissimo lo stesso, pur essendo andato in piazza. E questo in nulla scalfisce l'obbedienza come criterio della fede, anzi: "la fede è un'obbedienza di cuore a quella forma di insegnamento alla quale siamo stato consegnati" (Ratzinger 1993). E la nostra "forma di insegnamento" è proprio una presenza che realizza una "comunionalità visibile e propositiva nella società". Occorre andare in piazza per questo, contro l'ideologia dominante. E se l'ideologia dominante è comunicata da Carron, si va in piazza pure contro Carron. Ma prima di tutto io vado in piazza per un desiderio, per una passione di educazione personale, per una formazione personale, perché la mia personalità sia formata. "
Una Fraternità che non abbia a cuore la formazione del movimento è una Fraternità che manca del senso di quello che chiamavamo opera, impegno con l'opera, nei quattro punti della regola generale della Fraternità" ("Fraternità di Comunione e Liberazione", pag. 88).
Anzi, dopo l'intervento di Carron, in piazza mi tocca quasi andarci, occorre che vi sia la visibilità della mia presenza in modo che tutti sappiano che, insieme ai cristiani di tanti altri movimenti, ci sono stati anche tanti ciellini. Tutti (soprattutto i miei fratelli cristiani) devono saperlo. Solo questa adesione mi permette di fare esperienza, solo questo mi permette la generazione di un giudizio, solo questo permette la possibilità di una verifica e se necessario il cambiamento di un giudizio. Tutto il resto è ideologia. E in fondo questo andare in piazza è precisamente una azione contraria alle ideologie di qualsiasi tipo. Non solo quella dominante oggi in quelli che guidano CL, ma soprattutto la mia possibile ideologia personale, quella che inevitabilmente si riduce a quello che penso io.
C'è un altro aspetto che emerge dalle parole di Carron citate: "...chi ritiene che questo mini le basi della società...". Ma la legge Cirinnà mina o no le basi della società? Carron si lancia in una analisi psicologica sul "chi ritiene". Ma io vorrei sapere da Carron se veramente le basi della nostra società sono minate o no! Sarebbe come dire che occorre porsi il problema dello "stress da guerra" di chi partecipa alla guerra, per cui sarebbe meglio non partecipare alla guerra. Ma siamo in guerra o no? Ci hanno dichiarato guerra e la stanno facendo oppure no?
Due sono quindi per me i motivi per andare in piazza: primo perché è una occasione enorme ed eccezionale di unità, di comunione visibile; secondo perché quel tipo di esperienza è per me spiritualmente rigenerante. Ne vorrei almeno una al mese. Come gli incontri del mio gruppetto di fraternità.
C'è infine un'ultima questione che mi interessa porre, riguardo una categoria di persone di cui praticamente nessuno parla. Io penso a quei cattolici che si sentono attratti da persone dello stesso sesso; lottano quotidianamente contro questa tendenza, contro questa tentazione, pregano, vincono, perdono, cadono, poi si pentono, si confessano e tornano a lottare. Sarebbe bello se il Family Day fosse un'occasione per dire a tutti loro "continuate a lottare, la vostra lotta non è vana, siete sulla strada giusta, avanti con coraggio!". Questo è per me un gran bel motivo in più per andare in piazza.