Per comprendere meglio i contenuti di questo blog, si consiglia caldamente di leggere le pagine "Le origini di questo blog" e "La missione di questo blog" affinché le considerazioni (critiche) che vengono svolte nei post siano collocate nella giusta ottica e all'interno di una cornice di riferimento adeguata.

domenica 30 ottobre 2016

Terremoto, le macerie cristiane d'Europa


C'è una immagine simbolo del terremoto del 30 ottobre, la scossa che ha distrutto la basilica di Norcia. Una immagine che rappresenta molto bene la situazione del cristianesimo in Europa.
Rappresenta l'Europa proprio perché San Benedetto è il patrono d'Europa.
Questa è un'immagine che mi ha colpito moltissimo perché mi pare rappresenti proprio la situazione spirituale del cristianesimo in Europa: solo la facciata è rimasta, il resto sono macerie.

Lo scorso post avevo affrontato il tema dei disastri naturali come strumento divino di avvertimento. Non solo l'Antico Testamento è ricco di episodi celebri e meno celebri nei quali la natura viene usata per avvisare o per punire l'uomo (Sodoma e Gomorra, il Diluvio Universale, il passaggio del Mar Rosso dove periscono gli egiziani). Anche nel Nuovo Testamento Gesù rinnova questa logica divina nel giudicare quelle che per l'uomo sembrano disgrazie.
Questo accade sia per il cieco nato, dove Gesù spiega che non ha peccato né lui né i suoi genitori, ma è cieco dalla nascita perché si manifestasse la gloria di Dio. Ma accade, con un significato opposto, al capitolo 13 del vangelo di Luca, quando commentando la morte di 18 uomini per il crollo di una torre: "Credete che quelli fossero più peccatori di voi? No, vi dico, ma se non vi convertirete perirete tutti nello stesso modo".

Questa volta la scossa l'ho sentita. L'ho sentita bene, un movimento che mi ha dato la netta sensazione della precarietà, della instabilità di tutto, quindi della precarietà della vita.
Mai mi è stato più evidente, come esperienza sensibile, che dipendiamo in tutto. Questa vertiginosa esperienza di dipendenza totale è proprio quella che manca all'uomo moderno, all'uomo che vive in quest'epoca moderna che ha la caratteristica di considerare Dio irrilevante.
Ora però, davanti ad un evento come il terremoto, la domanda riemerge potente: che senso ha tutto questo? Qual'è il senso di tutto questo? Che poi corrisponde alla solita domanda: che senso ha la mia vita?
Allora si capisce che, per evitare che l'uomo si perda vivendo una vita senza senso, pure il terremoto può essere una benedizione. E un ammonimento: perché se non vi convertirete, perirete tutti allo stesso modo.

giovedì 27 ottobre 2016

Nuovo terremoto, la Madonna l'aveva detto

Ebbene sì, anche in questo caso la "presunta veggente" (perché in queste cose occorre sempre la massima prudenza) Maria de Luz aveva ricevuto un presunto messaggio, che annunciava la catastrofe che ieri si è verificata.
Occorre dire che le catastrofi previste sono così tante che chi voglia trovare argomenti contrari, ne troverà in abbondanza. Ma come sempre in queste cose non solo nulla è obbligatorio, perché tutto quanto è necessario l'abbiamo dai Vangeli e dal Magistero della Chiesa; ma in questi casi in fondo è sempre questione di un pregiudizio, che col tempo si può affinare in un senso o nell'altro.
Quello che invece non è opzionale, perché è un tema contenuto nei Vangeli, è il nostro dovere a comprendere i segni dei tempi. Questo compito è accennato nel capitolo 12 del vangelo di Luca:
"Quando vedete una nuvola salire da ponente, subito dite: Viene la pioggia, e così accade. E quando soffia lo scirocco, dite: Ci sarà caldo, e così accade. Ipocriti! Sapete giudicare l'aspetto della terra e del cielo, come mai questo tempo non sapete giudicarlo?" (Lc 12,54-56)
Ma è tutto il capitolo 12 che tratta il tema delle diverse condizioni del mondo e della radicalità della vita cristiana, che richiede spesso di assumere comportamenti concreti contrari a quelli del mondo. E il capitolo inizia con Gesù che cerca di far capire ai suoi quale radicalità di pensiero viene richiesta:
"A voi miei amici, dico: Non temete coloro che uccidono il corpo e dopo non possono far più nulla. Vi mostrerò invece chi dovete temere: temete Colui che, dopo aver ucciso, ha il potere di gettare nella Geenna. Sì, ve lo dico, temete Costui. Cinque passeri non si vendono forse per due soldi? Eppure nemmeno uno di essi è dimenticato davanti a Dio. Anche i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non temete, voi valete più di molti passeri." (Lc 12,4-7)
A questa radicalità di pensiero deve ovviamente corrispondere una radicalità di vita: "Cinque passeri non valgono due soldi?... eppure nemmeno uno di essi è dimenticato...". Se questo è il giudizio, di cosa ci dobbiamo preoccupare? Dio non sa forse tutto? Dio non sa cosa ci angoscia? Dio non sa di cosa abbiamo bisogno?
Ecco di cosa invece ci dobbiamo preoccupare:
"Inoltre vi dico: Chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anche il Figlio dell'uomo lo riconoscerà davanti agli angeli di Dio; ma chi mi rinnegherà davanti agli uomini sarà rinnegato davanti agli angeli di Dio. Chiunque parlerà contro il Figlio dell'uomo gli sarà perdonato, ma chi bestemmierà lo Spirito Santo non gli sarà perdonato." (Lc 12,9-10)
E se queste devono essere le nostre preoccupazioni, dovendo giudicare il tempo presente direi che siamo messi piuttosto male. E proprio questo vangelo sembra scritto per i nostri tempi: infatti qui Gesù racconta la parabola del ricco che, sempre più ricco, si prepara a non lavorare più e godere delle sue ricchezze:
"Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; riposati, mangia, bevi e datti alla gioia. Ma Dio gli disse: Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato di chi sarà? Così è di chi accumula tesori per sé, e non arricchisce davanti a Dio" (Lc 12,19-21)
 E Gesù continua ad insistere con i suoi discepoli sulla radicalità di pensiero e di vita:
"Per questo io vi dico: Non datevi pensiero per la vostra vita, di quello che mangerete; né per il vostro corpo, come lo vestirete. 23La vita vale più del cibo e il corpo più del vestito... Chi di voi, per quanto si affanni, può aggiungere un'ora sola alla sua vita? Se dunque non avete potere neanche per la più piccola cosa, perché vi affannate del resto?" (Lc 12,22-26)
 Ma questo comportamento avrà anche un suo premio, cioè vi sarà un momento in cui dovrà essere applicata la giustizia divina. Oggi, con questo sentimentalismo dilagante, per cui facilmente tutti abusano del termine "misericordia", la questione del giudizio di Dio è ancora più grave e urgente.
Così arriviamo al brano citato all'inizio:
"Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso! C'è un battesimo che devo ricevere; e come sono angosciato, finché non sia compiuto! Pensate che io sia venuto a portare la pace sulla terra? No, vi dico, ma la divisione. D'ora innanzi in una casa di cinque persone si divideranno tre contro due e due contro tre...
Quando vedete una nuvola salire da ponente, subito dite: Viene la pioggia, e così accade. E quando soffia lo scirocco, dite: Ci sarà caldo, e così accade. Ipocriti! Sapete giudicare l'aspetto della terra e del cielo, come mai questo tempo non sapete giudicarlo? E perché non giudicate da voi stessi ciò che è giusto?" ( Lc 12, 49-57)
 E l'inizio del capitolo 13 è ancora più esplicito sul tipo di giudizio:
"In quello stesso tempo si presentarono alcuni a riferirgli circa quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva mescolato con quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù rispose: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo.  O quei diciotto, sopra i quali rovinò la torre di Sìloe e li uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme?  No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo». (Lc 13, 1-5)
Qui Gesù associa la giustizia divina a due fatti completamente umani: il primo è un episodio di giustizia umana, che appare senza alcuna misericordia; il secondo invece è un disastro naturale, un incidente. Quelli che il pensiero dominante di ieri e di oggi classificherebbe come "fatalità" o "casualità", da Gesù invece sono direttamente connessi con lo svolgersi della giustizia divina, proprio in ossequio ai principi prima enunciati: "...persino tutti i capelli del vostro capo sono contati...".
E se i capelli del nostro capo sono contati, può essere solo una fatalità un terremoto?
No ovviamente, il vangelo è esplicito, E pure la Madonna lo è stata, nei suoi presunti messaggi a Maria de Luz.
"Pregate, pregate per l’Italia, il suo lamento sorgerà ovunque, perfino la terra esalerà dolore. In questa terra vengono commesse grandi aberrazioni. Sarà duramente scossa, i vulcani si faranno sentire. Il terrorismo vuole distruggere le immagini e le reliquie della Mia Amata Croce, PER QUESTO VI ORDINO CHE SIANO PROTETTE." (30 giugno 2016)
"Pregate, figli Miei, pregate per l’Italia, i vulcani entreranno in azione, il suolo tremerà ed il suo Popolo patirà il terrore." (15 agosto 2016)
24 agosto: terremoto ad Amatrice 
"Pregate per l’Italia, patirà nuovamente." (15 settembre 2016)
"La natura si avventerà contro l’Italia. Sarà duramente attaccata da quelli che non Mi amano, si lanceranno contro il Vaticano." (18 settembre 2016)
"Figli Miei, pregate, pregate per l’Italia, sarà scossa; il terrore prende forza." (11 ottobre 2016)
"Pregate figli, pregate per l’Italia, sarà flagellata senza bisogno che vi penetrino gli stranieri. Il ruggito della terra uscirà con grande potenza dai suoi vulcani. Pregate, l’Etna ed il Vesuvio causeranno dolore." (18 ottobre 2016)
Il motivo di tutto questo? Come dice il vangelo, perché ce lo stiamo meritando, perché siamo cattivi. E per ammonirci, perché "se non vi convertirete, perirete tutti allo stesso modo".
Se invece ci convertiremo, avremo l'ennesima prova che "Paziente e misericordioso è il Signore,
lento all'ira e ricco di grazia". (Salmo 145, 8)

mercoledì 26 ottobre 2016

Dopo il 25 settembre, padri e figli

Alcune interessanti riflessioni sono comparse questi giorni sui social, relativamente alla necessità di alcuni di avere un punto di riferimento, di ritrovare una paternità che sia sostegno nelle vicende della vita e nel proprio cammino spirituale.
Voglio aggiungere qui anche io alcune riflessioni sul tema, poiché il tema della paternità (o della cancellazione della paternità) è il cuore dei problemi della modernità.
Da un punto di vista cristiano, tutti noi siamo figli. Persino Gesù ha chiesto di non chiamare nessuno padre, "poiché uno solo è il Padre vostro, che è nei cieli" (Mt 23,9).
Ma allora don Giussani ci è stato padre oppure no? Perché per tanti di noi è così evidente che per noi lui è stato padre? Perché non chiamarlo padre, secondo le parole di Gesù? Perché sentiamo tanto la necessità di un Padre? E perché in quest'epoca moderna, a detta di tanti, le nuove generazioni si sono smarrite proprio per aver tentato di cancellare la figura del padre?
Partiamo da due punti certi: il primo è che di Padre ce n'è uno solo; il secondo è che siamo tutti figli, ma solo con la compagnia di alcune persone, grazie al carisma di alcune persone, ci "sentiamo" veramente noi stessi, veramente compiuti, quindi veramente figli. Questa è l'esperienza di figliolanza che ci porta ad esclamare "lui mi è padre!".
Questo, secondo me, è lo stesso preciso fenomeno che ci racconta san Paolo quando dice che alcuni dicono "io sono di Cefa" e altri "io sono di Paolo". Qualcosa di vero c'è, perché è vero che inesorabilmente e storicamente quello che Gesù ha iniziato è arrivato a noi tramite Cefa, tramite Paolo, tramite il Gius. Ma pure Cristo era Figlio. E proprio per l'unità con lui, la comunione con lui ci permette di essere realmente "eredi di Dio, coeredi di Cristo", cioè veramente figli.
Quindi l'esser figli è inscritto nella nostra natura, fa parte di quel "senso religioso" che accomuna tutti gli uomini. E quando incontriamo uomini che ci fanno sentire pienamente noi stessi, cioè pienamente figli, siamo portati istintivamente a chiamarli "padre!".
Ora tra noi esistono quelli che, non solo per età, si trovano in momenti diversi di questo percorso (che dura tutta la vita) nel quale prendiamo coscienza del nostro essere. E questa coscienza del nostro essere ci porta perfino a dire "ho sessant'anni, è un po' tardi per cercarmi una paternità". In realtà non si può smettere di desiderare una paternità, semplicemente si smette di cercarla qui in terra.

Ma vi sono pure persone che hanno semplicemente un compito diverso. E penso in particolare a quando san Paolo racconta:
"Nella mia prima difesa in tribunale nessuno mi ha assistito; tutti mi hanno abbandonato. Non se ne tenga conto contro di loro. Il Signore però mi è stato vicino e mi ha dato forza, perché per mio mezzo si compisse la proclamazione del messaggio e potessero sentirlo tutti i Gentili: e così fui liberato dalla bocca del leone." (Tm 4,16-17)
 Io mi immagino che quelli dai quali Paolo si attendeva una difesa o una testimonianza gli avranno detto "non esporti, ti prego, ci crei casini...", ma Paolo non poteva tacere e non ha taciuto. E quelli avranno pensato a difendere qualcosa che non era solo il proprio interesse, ma era anche per una difesa della causa cristiana.

Non ci troviamo anche noi tutti i giorni in queste condizioni? Non ci troviamo anche, tanti di noi, a difendere qualcosa che è nostro, ma che noi riteniamo sia giusto difendere soprattutto per la causa cristiana?
Per comprendere cosa voglio dire, basta leggersi il racconto che Costanza Miriano fa di una parrocchia a Staggia Senese, nel suo blog. Suscitate dall'energia di un sacerdote che la stessa Costanza definisce "un prete che fa il prete", diverse donne, mogli, hanno fatto la scelta radicale, hanno mollato il lavoro e si sono dedicate alla loro famiglia e alla famiglia parrocchiale, Scrive Costanza di una di loro:
"Raccontava che è rinata da quando ha fatto questo salto nel vuoto, perché di salto si tratta. Rinunci a uno stipendio fisso e sicuro. Devi fare delle scelte diverse. Devi fidarti. Devi rinunciare a tenere tutto sotto controllo.
Parlando con loro e analizzando tutte le voci di spesa, mi era sempre più chiaro che io considero necessario e imprescindibile ciò che forse non lo è. Se i soldi si dimezzano si adotta tutto un altro stile di vita..."
Ecco, molti di noi ancora non hanno fatto questo "salto nel vuoto" (che poi non è vuoto!) e quindi si barcamenano, (come Costanza) tra i mille impegni e le mille cose da fare e tenere in piedi. E non che non sia utile. Occorre sempre qualcuno che faccia così, che sia così. Come quel membro del sinedrio, che però era discepolo di Gesù, di nome Nicodemo. Certamente nel sinedrio non si era esposto; e di sicuro teneva una certa segretezza, se è vero, come dice san Giovanni, che andava a trovare Gesù di notte. Però è sempre lui che, con Giuseppe d'Arimatea, si occupa della sepoltura.
Insomma, alla causa cristiana è vero che sono necessari i santi e i martiri; ma sono pure necessari i testimoni. Perché Gesù è venuto affinché il mondo creda. E il mondo si converte per tre testimoni:
"Poiché tre sono quelli che rendono testimonianza: lo Spirito, l'acqua e il sangue, e questi tre sono concordi." (1Gv 5,7)
Quindi non solo il sangue dei martiri, ma anche lo Spirito (di Verità) e l'acqua (della purezza, come testimonianza della propria condotta di vita).

Allora mi viene da dire che, dopo il 25 settembre, il compito che ci possiamo dare è quello di costruire un luogo umano dove non solo ciascuno liberamente porta i propri doni, ma caritativamente ci si accoglie e ci si accetta nelle condizioni in cui siamo, favorendo la crescita della fede di ciascuno, senza stare a giudicare perché non siamo nella condizione di giudicare.
La capacità di accogliere chiunque è stato da sempre il nostro marchio distintivo, quello di noi ciellini. Anche se non possiamo più fermarci solo a quello, e lo dico da persona non più giovanissima. Anche a me solo questo non basta più.
Ma da questo occorre ripartire.

Ora se siamo qui, se c'è stato un 25 settembre, occorre ripartire pure guardando in faccia cosa è successo (in questi anni a noi e a CL). Occorre quindi tentare di riprendere una sorta di discorso interrotto, di esperienza temporaneamente sospesa. e la vogliamo riprendere non solo per noi stessi, ma soprattutto per una ragione missionaria e per le generazioni future. In fondo, chi c'era a Bologna ha visto anche un significativo numero di giovani. E uno di essi è pure intervenuto alla fine, dicendo solo una cosa brevissima ma lancinante: "Noi abbiamo bisogno di vivere!".
Ecco, il luogo umano che vogliamo costruire dev'essere un luogo che favorisca la missione, cioè favorisca la tradizione, cioè favorisca la memoria.

Nel 1993 CL diffondeva un volantino nel quale riportava un brano del sociologo MacIntyre, tratto dal libro "Dopo la virtù", del 1980. Quella frase, chissà perché, mi è rimasta impressa in maniera indelebile, non l'ho più dimenticata, anche se nel movimento non è stata più ripresa. Ma quell'anno, nel 93, cioè in piena Tangentopoli, quel brano scritto una dozzina di anni prima appariva davvero profetico. Ecco il brano:
"Ciò che conta, in questa fase, è la costruzione di forme locali di  comunità al  cui  interno  la  civiltà  e  la  vita  morale  e intellettuale possano essere conservate attraverso i nuovi secoli oscuri che già incombono su di noi. E se la tradizione delle virtù è stata in grado di sopravvivere agli orrori dell’ultima età oscura,  non  siamo  del  tutto  privi  di  fondamenti  per  la speranza. Questa volta, però, i barbari non aspettano al di là delle frontiere [il riferimento è al tempo della caduta dell'impero romano; nota mia]: ci hanno governato per parecchio tempo. Ed è la nostra inconsapevolezza di questo fatto a costituire parte delle nostre difficoltà. Stiamo aspettando: non Godot, ma un altro San Benedetto, senza dubbio molto diverso"
Un brano impressionante, se si pensa che è stato scritto nel 1980, cioè nove anni prima del crollo del muro di Berlino. Questo brano l'ho ritrovato circa una dozzina di anni dopo, quando iniziavo ad occuparmi di economia. Sono andato a comprarmi il libro e siccome era una nuova edizione, c'era anche una nuova prefazione dell'autore. Ecco il testo conclusivo di quella prefazione:
"Quando scrissi quella frase conclusiva nel 1980, era mia intenzione suggerire che anche la nostra epoca è un tempo di attesa di nuove e inattese possibilità di rinnovamento. Allo stesso tempo, è un periodo di resistenza prudente e coraggiosa, giusta e temperante nella misura del possibile, nei confronti dell'ordine sociale, economico e politico dominante nella modernità avanzata. Questa era la situazione di ventisei anni fa, e tale ancora oggi rimane."
Ecco, questo mi pare che sia il nostro compito oggi.

Io conosco un solo testo del Gius che riporta il primo brano di MacIntyre, anche se solo in nota; è il famoso (per noi) "L'idea di Fraternità" che potete trovare qui.
In quel testo, che dovremmo davvero imparare a memoria, a me pare di sentire la voce del Gius che parla a tutti noi oggi, proprio oggi, in particolare in un passaggio che riporto qui:
"Ma è da un mese, da circa un mese, che è come scoppiata una stella cometa sulla capanna di Gesù Bambino; da quando venne una donna, che è magistrato, a dirmi che lei e alcune sue amiche (e magari, chissà, anche i loro mariti) volevano fare un gruppo...
Per voi sarà una stupidaggine, ma io sono rimasto colpitissimo dalla cosa, perché questo era ritornare al massimalismo iniziale, era il segno che era cresciuto di molto il livello sia pur sotterraneo del desiderio del bene tra di noi, era il segno che il movimento aveva fatto crescere un seme, aveva fatto crescere delle coscienze. Mi è venuta l’evidenza: se questo andamento si moltiplicasse, si incrementasse!
Questo è un vero revival, nel senso stretto della parola. Sicuramente c’è qualche altro caso, ci sono altri casi. Dunque, dobbiamo pregare Iddio e impegnarci innanzitutto a incrementare questa realtà, che non possiamo incrementare se non facendone parte: non predicando, ma facendone parte. La differenza con l’inizio della Fraternità è che non è più possibile l’ambiguità: o c’è o non c’è, uno non si può illudere di farla, quando non la fa. Allora ci si poteva illudere."

Davvero non ho niente altro da aggiungere.
Per ora ;)