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martedì 7 giugno 2016

PdF, è nato il partito dei cattolici

Finalmente è nato in ambito elettorale.
Il 5 giugno alle elezioni amministrative di molti importanti comuni italiani, gli elettori hanno avuto la possibilità di mettere il proprio segno sul simbolo del PdF, un partito che, unico nel panorama della politica italiana, ha come programma la Dottrina Sociale della Chiesa. Il partito dei cattolici.
E la nascita è stata condita da un gran bel risultato.
Non perché politicamente da oggi contiamo qualcosa (ebbene si, ho dato a loro il mio voto). Ovviamente contiamo zero, come conta zero ogni partito alla sua nascita (tranne episodi eccezionali, in cui un partito nasce avendo già una solida struttura e una montagna di soldi da spendere, come la DC nel dopoguerra o Forza Italia nel 1994).
Prendiamo ad esempio il M5S, che ha Roma è arrivato al 35% e si appresta a vincere il ballottaggio contro il candidato PD Giachetti. La prima volta che si è presentato alle elezioni comunali a Roma è stato nel 2009 e ha raccolto il 2,6%. Ma il Movimento 5 Stelle è nato nel luglio 2005 e nel dicembre 2008 Beppe Grillo comunica la decisione di presentare proprie liste per le amministrative dell'anno seguente. Quindi ben 4 anni passati a creare un movimento d'opinione e ben sei mesi per prepararsi alle elezioni. Con nemmeno due mesi di preparazione e una capacità di investimento finanziario pari a nulla, il risultato dello 0,6% è un gran bel risultato, che non potrà che migliorare.
E come ha fatto il M5S in sette anni a passare dal 2,6% al 35% a Roma? Qual'è stato il fattore decisivo? A mio modesto parere il fattore decisivo è stato ed è il fatto che il M5S aveva ragione nel descrivere la realtà politica e sociale, affermando che i partiti si occupavano della gestione del potere e non del bene del popolo. E questa dev'essere la conoscenza su cui fondare la certezza dei prossimi successi elettorali: la convinzione che la Dottrina Sociale della Chiesa descrive nel modo più razionale e ordinato i principi da osservare per il bene comune, per il bene di ogni cittadino, per il bene di ogni persona.
Il risultato del 0,6% è un gran bel risultato anche per un altro motivo. Qui non voglio criticare nessuno, ma solo esporre un dato di fatto. La nascita del PdF è stata in qualche modo vissuta come un trauma all'interno dei tanti simpatizzanti del Family Day. E questo trauma ha portato oggettivamente a divisioni, discussioni, commenti anche aspri diffusi sui social network. Era inevitabile che questo si riperquotesse all'interno delle urne. Non era pensabile che l'intera popolazione convenuta al Circo Massimo nel gennaio scorso poi andasse a votare compatta per il PdF.
C'è pure da rilevare, a futura memoria, il fiato corto di certi commenti riguardo il presente ed il futuro del PdF. Come i commenti di Assuntina Morresi sul suo blog Stranocristiano.
La Morresi fa "solo qualche osservazione" al presunto "fallimento" del PdF, "...qualche osservazione per capire quel che è successo, e perché si eviti di continuare a farsi del male, non guardando in faccia la realtà". E il male sarebbe una dispersione dei voti cattolici, una dispersione che è già in atto ben prima che nascesse il PdF. Una dispersione solo dannosa e che non ha portato alcun frutto.
Così commenta la Morresi.
"Nella sua pagina fb, il PdF comunica che i sindaci da loro indicati hanno preso oltre cinquantamila voti. Anche ipotizzando che tutti questi voti coincidano con quelli del PdF (che in diverse città sostenevano sindaci insieme ad altre forze), si tratta di un numero di voti corrispondente a un piccolo angolo delle due piazze del Family Day: piazze che evidentemente non si sono sentite rappresentate da un partito che invece si proponeva come loro voce."
Bene, guardiamo in faccia alla realtà. Anzitutto il Circo Massimo, al di là dei numeri gonfiati ogni volta da chi organizza manifestazioni, può contenere al massimo 250mila persone (vedi qui la stima).
Ma a gennaio c'erano in piazza famiglie da tutta Italia. Invece alle elezioni amministrative hanno potuto votare solo 8 milioni di elettori sui 44 milioni di elettori italiani, circa il 18% del totale. Insomma molti partecipanti al Family Day non hanno potuto votare semplicemente perché non c'erano le elezioni nel loro comune.
Se rapportiamo questa percentuale ai 250mila, otteniamo 45mila. Ha ragione la Morresi a dire che non tutti i 50mila voti presi vengono da famiglie del Family Day. Non tutti, ma quasi tutti. Questa è la realtà raccontata dai numeri e tanto desiderata dalla Morresi; il resto sono chiacchiere.
E cosa  aveva proposto la Morresi? Di votare Marchini, che ha subito una batosta memorabile. Però ora viene a pontificare sul non disperdere i voti.
Ma vorrei uscire dalle polemiche sullo zerovirgola. Come ribadito nel mio ultimo post, il nostro obiettivo è il mondo. Quindi abbiamo preso meno di 50mila voti su sette miliardi di persone (quattro miliardi di elettori?). C'è ancora tanto lavoro da fare. Rimbocchiamoci le maniche e scaldiamo i rosari.

4 commenti:

  1. Se si vuole conquistare il mondo, non è forse meglio evangelizzarlo piuttosto che mettere in piedi partitini destinati al fallimento? Fa quasi tenerezza il paragone con il M5S e la prospettiva di emularne la crescita. La cosa che più colpisce è la totale assenza di distinzione fra l'ambito politico e quello spirituale e la confusione che ne deriva, foriera di una cattiva politica e di un pessimo servizio alla causa della fede.

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    1. la distinzione tra l'ambito politico e quello spirituale,portata all'esasperazione dalla abilità del Principe di questo Mondo, è stata la morte della missione evangelizzatrice del cristiano!il PdF RIENTRA nella MISSIONE EVANGELIZZATRICE!"A noi il combattimento,a Dio piacendo,la vittoria"!

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    2. Lei parla un linguaggio degli anni 50... il PDF è un'esperienza politica, destinata al fallimento, che non ha niente a che fare con l'evangelizzazione che è altra cosa e si pone su un diverso livello e utilizza strumenti diversi.

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    3. Caro Partigiano, condivido la tua posizione di fondo, ma su questa storia del PDF mi pare che tu commetta un errore davvero grossolano. Ci abbiamo già provato a fare politica usando la Dottrina Sociale della Chiesa quasi fosse un manuale di istruzioni o, peggio, il libretto di Mao. Si è visto come è finita: non mi riferisco alle miserevoli storie di soldi e talvolta (inaspettatamente per alcuni, ma non per me) di pantaloni che hanno gettato discredito su un paio di generazioni di politici nati nel Movimento e grazie ad esso. Siamo tutti peccatori. Per me è finita, e molto male, quando qualcuno di noi, con trenta-quaranta anni di storia nostra alle spalle, ha votato la fiducia al Governo sulle unioni civili per salvarsi la poltroncina. Quello per me è lo scandalo! "A nulla vale cambiare le istituzioni se non c’è un cambiamento del cuore": è una frase di Orwell, ma è anche il centro dell'insegnamento sulla politica che ho ricevuto nel Movimento. Ed è l'insegnamento perenne della Chiesa (che c'è arrivata millenni prima dello scrittore inglese). Il nostro problema (che tu hai colto benissimo sotto altri aspetti) è che abbiamo rinunziato a cercare di cambiare i cuori, accettando di uniformarci al mondo: prima (è meno grave) nel comportamento, poi (è molto più grave) nel pensiero. Lasciamo fare al piccolo politico nato e cresciuto nel PD il suo partitino dallo zerovirgola (percentuale analoga a quella raccolta dall'analoga lista lanciata da Ferrara nel 2008). Noi cerchiamo di lavorare per cambiare i cuori, dove è possibile, come è possibile.

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