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venerdì 6 maggio 2016

Amoris Laetitia e intimità coniugale

Con il cuore colmo di gratitudine mi accingo a dire la mia su una possibile interpretazione della Amoris Laetitia.
Colmo di gratitudine, dopo aver letto sul blog Sandro Magister un generoso e nobile tentativo da parte del domenicano Angelo Bellon, docente di teologia morale, di trovare una interpretazione che sia compatibile col magistero ordinario della Chiesa, quello professato prima di questa Esortazione Apostolica. Riconosco in questo la materna sollecitudine della Chiesa, qui attraverso la fatica di Bellon, di venire in soccorso a chi può sentirsi smarrito da certe interpretazioni.

Purtroppo, almeno in un punto di primaria importanza, mi sembra che l'interpretazione di Bellon non sia compatibile con il testo della Amoris Laetitia. Si tratta della nota 329 da me già commentata nel precedente post, che così recita:
"Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio (22 novembre 1981), 84: AAS 74 (1982), 186. In queste situazioni, molti, conoscendo e accettando la possibilità di convivere 'come fratello e sorella' che la Chiesa offre loro, rilevano che, se mancano alcune espressioni di intimità, 'non è raro che la fedeltà sia messa in pericolo e possa venir compromesso il bene dei figli' (Gaudium et spes, 51)"
 La nota si riferisce al paragrafo 298, dove si parla dei divorziati. Ecco l'inizio di quel paragrafo, fino alla nota qui sopra:
"I divorziati che vivono una nuova unione, per esempio, possono trovarsi in situazioni molto diverse, che non devono essere catalogate o rinchiuse in affermazioni troppo rigide senza lasciare spazio a un adeguato discernimento personale e pastorale. Una cosa è una seconda unione consolidata nel tempo, con nuovi figli, con provata fedeltà, dedizione generosa, impegno cristiano, consapevolezza dell’irregolarità della propria situazione e grande difficoltà a tornare indietro senza sentire in coscienza che si cadrebbe in nuove colpe. La Chiesa riconosce situazioni in cui «l’uomo e la donna, per seri motivi - quali, ad esempio, l’educazione dei figli - non possono soddisfare l’obbligo della separazione»" [209]
Nell'ultima frase, la parte tra virgolette è una citazione dalla Familiaris Consortio di Giovanni Paolo II (paragrafo 84), la quale si riferisce precisamene alla possibilità di concedere l'assoluzione ai divorziati risposati solo nel caso in cui questi vivano in castità:
"La riconciliazione nel sacramento della penitenza - che aprirebbe la strada al sacramento eucaristico - può essere accordata solo a quelli che, pentiti di aver violato il segno dell'Alleanza e della fedeltà a Cristo, sono sinceramente disposti ad una forma di vita non più in contraddizione con l'indissolubilità del matrimonio. Ciò comporta, in concreto, che quando l'uomo e la donna, per seri motivi - quali, ad esempio, l'educazione dei figli - non possono soddisfare l'obbligo della separazione, «assumono l'impegno di vivere in piena continenza, cioè di astenersi dagli atti propri dei coniugi»"
 Questo il commento di Bellon sulla nota in questione:
In merito a questa nota che ha attirato l’attenzione di molti va detto:
- primo: il papa ricorda l’insegnamento di "Familiaris consortio" che chiede di non vivere "more uxorio" ma di vivere in castità, come amici e fratelli e sorelle;
- secondo: il papa, pur facendo riferimento al Concilio Vaticano II che parla di intimità coniugale, qui parla solo di intimità. È infatti chiaro che in ogni caso questa non sarebbe coniugale, perché i due non sono marito e moglie.
- terzo: il papa vuol dire che pur “accettando di vivere come fratello e sorella”, se succede che talvolta vadano oltre, si deve usare pazienza ed esortarli a fare quanto dice Paolo VI nella 'Humanae vitae', n. 25: "E se il peccato facesse ancora presa su di loro, non si scoraggino, ma ricorrano con umile perseveranza alla misericordia di Dio, che viene elargita nel sacramento della penitenza".
Purtroppo, il secondo e terzo punto non mi sembrano interpretazioni fedeli al testo della Amoris Laetitia. Riguardo al terzo punto, non c'è una citazione della Humanae vitae; invece c'è una citazione della Gaudium et spes. E questo mette in crisi anche il punto secondo, poiché nella nota sono messe insieme, sono correlate le due citazioni (Familiaris Consortio e Gaudium et spes), come se parlassero della stessa cosa. Invece non è così, perché la Familiaris Consortio parla dei divorziati risposati, mentre la Gaudium et spes parla semplicemente della condizione degli sposi. Applicare il medesimo giudizio su due condizioni completamente diverse è quantomeno un azzardo, se non un vero e proprio abuso logico. Occorrerebbe quantomeno esplicitare perché il giudizio rimane inalterato, anche se le condizioni sono completamente diverse. Altrimenti tutto il ragionamento si ammanta di logica ma logico non è.
In particolare viene inficiato il ragionamento per cui "il papa, pur facendo riferimento al Concilio Vaticano II che parla di intimità coniugale, qui parla solo di intimità. È infatti chiaro che in ogni caso questa non sarebbe coniugale, perché i due non sono marito e moglie"; se parla solo di intimità, visto che comunque si riferisce al Concilio Vaticano II che parla di intimità coniugale, dovrebbe dire a quale altra intimità si riferisce. Inoltre tutto il paragrafo è proprio in riferimento al vivere come "fratello e sorella"; quale intimità può mancare a chi vive in questo modo, rispetto a chi vive "more uxorio"?
Ma è proprio la citazione della Gaudium et spes a tagliare la testa al toro:
"Il Concilio sa che spesso i coniugi, che vogliono condurre armoniosamente la loro vita coniugale, sono ostacolati da alcune condizioni della vita di oggi, e possono trovare circostanze nelle quali non si può aumentare, almeno per un certo tempo, il numero dei figli; non senza difficoltà allora si può conservare la pratica di un amore fedele e la piena comunità di vita. Là dove, infatti, è interrotta l'intimità della vita coniugale, non è raro che la fedeltà sia messa in pericolo e possa venir compromesso il bene dei figli: allora corrono pericolo anche l'educazione dei figli e il coraggio di accettarne altri."
Qui viene espressamente citata "l'intimità della vita coniugale", non l'intimità e basta.

C'è un ultimo punto al limite del grottesco.
Il Papa nella nota 329 scrive che "...molti... ... rilevano che...". Non dice, "il Concilio insegna..." oppure "la Chiesa insegna...", ma riporta semplicemente una opinione di indefiniti "molti" (chi saranno poi questi molti?). Qui non c'è alcuna norma fissata, nessun giudizio falso-vero oppure giusto-sbagliato.
In fondo, non c'è alcun motivo per applicare o sostenere le cose qui scritte. Si tratta semplicemente di una diceria. Magari è un pensierino laterale di qualche cardinale tedesco.

2 commenti:

  1. Sono quei molti che vivono col Vangelo in mano e gli occhi aperti sulla realtà, grazie ai quali la comprensione dell'interazione fra fede e vita diventa concreta e non teorica e astratta. Comunque secondo lei Papa Francesco sarebbe un eretico... pensiero rispetto al quale forse ci vorrebbe un po' più di prudenza, non crede?

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  2. Il ragionamento non fa una grinza. Quella nota 329 è un collage indecente e tendenzioso di fonti magisteriale. Un giorno dovranno sanare questo vulnus nel magistero.

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