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lunedì 31 agosto 2015

Bertinotti e il sicomoro

Non ho seguito molti incontri del Meeting di Rimini. Ma quello che più mi ha colpito è stato quello con Bertinotti, noto ex sindacalista e ex comunista.
Alla domanda di Simoncini: "Come si fa oggi a incontrare l'altro, visto che abbiamo tutti un pensiero unico e le grandi evidenze sono crollate?" ha risposto:
"Questa condizione non è una osservazione disincantata o aristocratica sul modo di pensare di una generazione o dei giovani. Io penso che dobbiamo aguzzare lo sguardo perché il rischio è quello che lì viene descritto.
Questo rischio è il prodotto di una mutazione culturale dell'uomo contemporaneo. Noi siamo nani seduti sulle spalle di giganti. Senonché, i giganti su cui ci siamo assisi, sono franati. E noi siamo nani seduti sulle spalle di giganti, ma orfani di giganti.
La mia generazione, come diceva Giorgio Gaber, ha perso. Noi siamo stati gli ultimi di una grande speranza. Quella speranza che nasce nel tempo in cui la vittoria contro il nazifascismo urla un "mai più": mai più l'orrore della guerra, mai più il fascismo, mai più il nazismo, mai più l'abisso di Auschwitz. E quegli uomini, appunto i giganti, i padri, di mettono nel cammino della speranza, scrivono la Costituzione Repubblicana.
Quella storia, che sembrava aprire una strada, quell'esperienza viene SCON-FIT-TA. Noi siamo all'indomani di una DEVASTAZIONE, in cui quella storia viene soverchiata, messa sotto, dalla costruzione di un ordine che potrebbe essere disperante.
Io chiamo questa bestia (mi scuso per questo termine che allude troppo all'Apocalisse, ma non è del tutto pellegrina l'allusione), che io nel mio linguaggio chiamo capitalismo finanziario globale, è un mondo in costruzione che ha un'ambizione terribile, secondo me. Un'ambizione a una mutazione antropologica dell'uomo. Questo capitalismo totalitario, liberato da compromesso con le forze del ciclo precedente (il cattolicesimo democratico, il movimento operaio) si rivela irriducibilmente incompatibile con la democrazia. E però ha un'ambizione ancora peggiore: quella di costruire l'homo oeconomicus, cioè un uomo totalmente preda del mercato. Un uomo che è insieme un lavoratore traumatizzato e un consumatore continuamente indebitato: un uomo che non ha più altra religione che il vivere l'istante, e perde la sua umanità, la sua solidarietà.
Perché si arriva a questo? Perché il calcolo è il calcolo economico. E il calcolo economico è quello della produzione della merce, della esportazione della merce, della produttività. Tu non puoi essere altro che un uomo competitivo, tu non puoi essere altro che una particella dell'ingranaggio di questo processo di mercificazione.
Ecco perché io penso che, perché tu possa incontrare l'altro, devi oggi attenderti l'evento. Zaccheo vede Gesù, perché sale sul sicomoro o perché incontra il suo sguardo?
Vero che siccome sta in basso e non lo vede, allora sul sicomoro; ma non lo vedrebbe se non incontrasse lo sguardo di Gesù; è lo sguardo che determina la scintilla che consente la liberazione e la comprensione dell'altro. NOI SIAMO IN ATTESA DI QUESTO SGUARDO. Questo è il punto cruciale."
Simoncini: "Mi ha stupito questo accenno a Zaccheo. E penso che abbia stupito tanti qui".
Bertinotti: "E' perché io il sicomoro lo conosco; è il resto che non conosco".

Caro Presidente Bertinotti,
ogni cristiano è in attesa di quello sguardo.
Tu dici che il sicomoro lo conosci bene, ma il resto non lo conosci. Il resto non conta niente (te lo dice uno che il resto lo conosce bene). L'unica cosa che conta, come ha detto tu, è l'evento. Uno che punta il dito verso di te e ti dice: "Ehi tu, oggi vengo a casa tua!".
Allora, la prossima volta che sali su un sicomoro, tieni un posto pure per me.
Grazie!

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