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lunedì 31 agosto 2015

Cosa sta diventando CL?

Il dibattito su cosa stia diventando CL continua serrato e si arricchisce di nuovi contributi, sollecitati da nuovi eventi, l'ultimo dei quali è ovviamente il Meeting di Rimini.
Riassumo qui in breve le osservazioni di Stefano Fontana pubblicate su La Nuova Bussola Quotidiana:

  • un Meeting dal programma così attento a non disturbare i manovratori non si era mai visto; scarse le proposte controcorrente; scarse le proposte cattoliche; molti gli incontri aziendali ed economici;
  • completamente assenti le grandi sfide di oggi: la vita, la procreazione, la denatalità, le unioni civili, il gender, l’eterologa, le nuove forme di famiglia distruttive della famiglia, l’utero in affitto, la lotta alle leggi ingiuste. Eppoi i grandi applausi per il premier Renzi che con Comunione e Liberazione non si sa cosa ci azzecchi;
  • una mia amica di CL mi ha detto che il Movimento sta diventando l’Azione Cattolica. Si concepisce ormai come un movimento di formazione e non di appartenenza. Non so se abbia ragione o no, però a me sembra che un Movimento che non scende più in piazza sembra aver fatto una specie di “scelta religiosa”.

E conclude: "In questo modo, però, mentre si sbarazza del confessionalismo di Stato, elimina anche la pretesa cattolica che Gesù Cristo sia la risposta finale anche per la costruzione della società. Ma questa era anche la pretesa di CL. O sbaglio?".
No, non sbaglia.
Risponde sulle stesse pagine Robi Ronza, presenza storica del Meeting (oltre che di CL).
Mente acuta qual'è Ronza svolge una considerazione molto interessante:
"mi interessa sottolineare che da allora ad oggi il Meeting di Rimini è in sostanza queste tre cose: 1) un’affascinante esperienza cristiana di vita e di lavoro sia per chi lo fa che per chi lo visita; 2) una testimonianza appassionatamente e lietamente vissuta della capacità delle culture di matrice cristiana di incontrare positivamente il mondo contemporaneo e di dialogare con chiunque abbia passione e rispetto per l’uomo; 3) un’occasione di contatti ravvicinati al massimo livello tra l’ambiente di cui il Meeting è espressione e l’ordine costruito del potere politico e del potere economico del nostro Paese.
I primi due elementi sono originari mentre il terzo si è aggiunto successivamente. Niente di strano: è naturale che un evento di tali dimensioni susciti l’interesse di chi è ai vertici della politica e dell’economia. Poi si tratta di vedere come gestire tale situazione, ma in sé la situazione non soltanto risulta ovvia e inevitabile, ma è anche pienamente legittima. Tuttavia, come analogamente a Comunione e Liberazione in quanto tale, anche al Meeting di Rimini questo terzo elemento pone un problema: mentre non incide sulla qualità del primo dei tre elementi di cui si diceva, entra invece in qualche concorrenza con la qualità del secondo".
E le conseguenze sono devastanti.
"Osservo allora che con l’edizione di quest’anno il Meeting ha assunto un carattere marcatamente istituzionale. Il suo carattere di “opera” a responsabilità di chi la realizza  risulta essersi molto attenuata. Tale istituzionalizzazione è stata esplicitamente ribadita dal fatto che quest’anno, salvo pochissime e secondarie eccezioni, gli incontri venivano sempre condotti da uno degli attuali cinque maggiori leader laici di Cl, ogni volta indicato nel programma con il suo incarico nel Movimento. Tanto più tenuto conto dei contatti che ovviamente si sviluppano tra i relatori invitati al Meeting e i conduttori dei loro incontri, ciò equivale a un pubblico e ufficiale accreditamento. E di pari passo equivale al venir meno di qualsiasi eventuale rappresentatività di chiunque altro, essendo partecipe della vita del Movimento, abbia ruoli di rilievo nella vita pubblica e in particolare nella vita politica. Nei convenevoli, che precedevano l’inizio degli incontri, un’amichevole consuetudine con gli illustri invitati veniva non appena possibile fatta sapere al pubblico: si dava del tu e chiamava per nome Matteo, ossia il capo del governo, venendo affettuosamente ricambiati con la stessa confidenza; e si faceva lo stesso con ministri, semi-ministri, capi di grandi aziende. In altri tempi lo si sarebbe evitato.
Insomma, con la sua edizione 2015 il Meeting, e tutta la realtà ufficiale del mondo di cui esso è espressione, si sono presentati all’opinione pubblica come parte notabile dell’attuale establishment del nostro Paese; con tutte le cautele e i silenzi che ne conseguono. È una svolta a dir poco sorprendente rispetto alle origini e a larga parte del suo passato. Siccome però è evidente che l’ispirazione e tutti i fondamenti di tale esperienza continuano, ciò significa che questa svolta è ispirata alla speranza di procedere con rinnovata efficacia sul cammino di sempre. Auguriamoci che tale speranza trovi conferma nei fatti. E che se ciò non avvenisse si abbia poi la forza di cambiare strada."

Allora dico subito che questa speranza andrà facilmente delusa. L'abitudine ad un atteggiamento "morbido" non genererà mai degli animi forti e pronti alla battaglia.
Inoltre non si capisce perché tale sintonia col potere dovrebbe essere di qualche motivo di speranza. Soprattutto con questi poteri. Per sperare, bisogna essere proprio degli illusi.

Cosa fare?
Lo ridico qui, perché è una materia troppo importante e delicata per non ripeterla.
Occorre prima di tutto una responsabilità.
E la prima responsabilità è affermare con chiarezza che siamo di fronte ad "una svolta a dir poco sorprendente rispetto alle origini e a larga parte del suo passato". Perché ormai siamo alla negazione dell'evidenza.
E poi, sapendo bene che non c'è da sperare nulla di buono, occorre con libertà e responsabilità ricostruire CL. Io mi pongo spesso la domanda (e invito tutti a porsela): se Cl come struttura non esistesse, cosa farei? Non tenterei di diffondere e testimoniare la bellezza e la verità che ho incontrato in una compagnia?
Ecco, questo è quello che pure oggi (e pure domattina) c'è da fare. Il solito lavoro a favore della Chiesa, così come don Giussani ce l'ha insegnato: tenendo conto della realtà, nella totalità dei suoi fattori. Non i fattori che interessano al potere.

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