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venerdì 4 settembre 2015

Unità e libertà

Un interessante articolo su Culturacattolica.it ripropone l'eterno dilemma del rapporto tra unità e libertà, contestualizzandolo con la trasformazione che sta avvenendo in CL in questi tempi. Lo svolgimento dell'articolo è interessante e le argomentazioni corrette, ma credo meritino un approfondimento perché mi pare non completamente sviluppato quello che io considero il cuore della questione.
Qual'è il rapporto tra libertà e unità? Quale dei due deve prevalere?
Allora dico subito che l'unità è una funzione, mentre la libertà è un fine. Lo manifesta anche il Vangelo di Giovanni: "Se rimanete nella mia parola, sarete veramente miei discepoli, conoscerete la verità e la verità vi renderà liberi" (Gv 8,31-32).
Che l'unità sia in funzione di altro è reso evidente anche dalla preghiera finale di Gesù: "...che tutti siano uno come tu, Padre, sei in me e io in te, affinché siano anch'essi in noi, così che il mondo creda che tu mi hai mandato" (Gv 17,21). Qui l'unità è evidentemente in funzione della missione.
Peraltro la richiesta di unità è un'occasione di libertà. Quando c'è questa richiesta, la libertà si mette in modo e l'uomo compie una scelta. Si mette in moto quel meccanismo umano per cui ci si assume la responsabilità di un comportamento, tipicamente una rinuncia in funzione di un obbiettivo più grande.
Ma la materia deve essere proprio questa: un obiettivo più grande.
Se non c'è un obiettivo più grande (o non lo si riconosce), in coscienza è doveroso cercarlo altrimenti e disattendere il richiamo all'unità.
Il vero nodo della questione è quindi quello di prendersi una responsabilità: la responsabilità di perseguire un obiettivo più grande. E questo deve essere fatto in coscienza, sia quando si aderisce ad una richiesta di unità, sia quando invece si sceglie responsabilmente un'altra strada.
Il problema vero è quindi quello della responsabilità, poiché in mancanza di questa falliscono sia una libertà illusoria, che pensa di poter decidere autonomamente quando essere uniti e quando no, sia una unitarietà acritica, perché non guadagna nessun merito se la guida non sbaglia ma ci trasforma da pecore in pecoroni quando chi guida sbaglia.
Questo è il motivo fondamentale della celebre battuta del Beato cardinale Newman: "Brindo al Papa, ma prima brindo alla mia coscienza".

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