Per comprendere meglio i contenuti di questo blog, si consiglia caldamente di leggere le pagine "Le origini di questo blog" e "La missione di questo blog" affinché le considerazioni (critiche) che vengono svolte nei post siano collocate nella giusta ottica e all'interno di una cornice di riferimento adeguata.

domenica 30 aprile 2017

Memoria di un cuore

Il Vangelo di oggi ripropone un brano a me carissimo, quello relativo ai due discepoli di Emmaus, uno dei quali era proprio San Cleofa, ricordato dalla liturgia della Chiesa proprio il 25 settembre.
"In quello stesso giorno, il primo della settimana, due discepoli di Gesù erano in cammino..."
Quello stesso giorno è riferito al giorno in cui le donne trovano il sepolcro vuoto.
"Mentre discorrevano e discutevano insieme, Gesù in persona si accostò e camminava con loro.
Ma i loro occhi erano incapaci di riconoscerlo."
Questa è la normale condizione umana, dopo il peccato originale.
Lui c'è, ma "i nostri occhi" sono incapaci di riconoscerlo. Non dice "loro", ma "i loro occhi". Noi siamo capaci di riconoscerlo, ma dobbiamo imparare a farlo con uno sguardo diverso sulla realtà. Non perché davanti agli occhi non ci sia nulla, anzi. Ma quello che abbiamo davanti agli occhi non dice tutto della realtà che emerge nella sua visibilità.
Come dice il Gius in "E' se opera":
"Corpo dice non tutto quello che uno è. Dice ciò che appare e si lascia vedere di quello che uno è. Ma questa apparenza è reale (non è come sentir dire: “Sono presente” e non c'è nessuno). Il corpo è reale, sperimentabile. E noi siamo parte di questo Suo corpo, che ha una profondità molto più grande di quel che si vede, ha un valore che eccede la realtà umana dei suoi componenti, ha una radice che affonda in una terra a noi ignota: la terra dell'Essere, del Mistero. Il corpo non lascia vedere tutta la personalità, ma è l'inizio di tutto il misterioso cammino dentro la personalità. Il mistero di Cristo è come il mistero del nostro io, che si documenta nel corpo. Ciò che si vede, ciò che si sente, ciò che si tocca, il tuo comportamento, vale a dire ciò che io sperimento di te, mi rivela qualcosa di quello che sei, del mistero del tuo io: “gli occhi sono lo specchio dell'anima”. Allo stesso modo questa compagnia in cui Cristo ti ha chiamato e con cui ti si stringe attorno ti rivela quello che Lui è per te: attraverso lo sguardo e il comportamento che Egli suscita in coloro che ti ha messo attorno nella misura in cui Lo riconoscono, Gli obbediscono e ne vivono la memoria , tu conosci di più chi è Cristo."

"...Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti...".
Di fronte ad una testimonianza chiara, sono ancora incapaci di credere. Ma dovevano ancora ricevere lo Spirito...
"Quando fu a tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro.
Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma lui sparì dalla loro vista. "
Il momento del riconoscimento arriva nel preciso momento dello spezzare il pane, nel momento del Sacramento. Allora cadono tutte le barriere e le perplessità, poiché li agisce una Grazia che non dipende dalla fede, ma in forza del Sacramento, in forza di Gesù Cristo.
E nel momento del riconoscimento, Lui torna invisibile.
Evidentemente presente, come evidentemente invisibile alla vista.
"Ed essi si dissero l'un l'altro: «Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?». "
Se Cristo fosse rimasto presente, sarebbero rimasti in muta contemplazione, come gli apostoli quando lo riconobbero a riva mentre loro pescavano (Gv 21,9-14).
Invece "sparì dalla loro vista" e subito emerge l'esigenza umana di sostenersi reciprocamente con la testimonianza di quanto era loro accaduto.
E come si sostengono? Con quale strumento si sostengono? Con lo strumento della MEMORIA.
E di cosa fanno memoria? Del loro cuore, di quello che il cuore ha riconosciuto come adeguato e soddisfacente alle proprie esigenze fondamentali.
E qual'è stata la loro seconda mossa istintiva?
"E partirono senz'indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone».
Essi poi riferirono ciò che era accaduto lungo la via e come l'avevano riconosciuto nello spezzare il pane."
 
Si mossero. Fecero "movimento" senza avere chiara coscienza di quello che stavano facendo, ma semplicemente rispondendo a quella che per loro era diventata un'esigenza del loro cuore. Andarono alla sorgente, alla fonte, ai testimoni designati da Gesù stesso per dare il loro contributo di testimonianza.
Questo è il primo compito che ci spetta: dare testimonianza di quello che ci è accaduto e ci sta accadendo. Dobbiamo dare testimonianza del carisma del Gius che stiamo vivendo in questo nuovo cammino che iniziando a fare.

Ma anche un altro compito ci attende, poiché oggi noi, rispetto ai discepoli di Emmaus, siamo dopo la discesa e la diffusione dello Spirito Santo. Dobbiamo collaborare al compito della Chiesa e portare la nostra esperienza di vita cristiana a tutti i popoli, collaborando in qualche modo alla missione della Chiesa nel mondo.

Infine c'è un altro aspetto che oggi mi è divenuto chiaro. Mi è sempre stato chiaro il fatto che Cristo sempre ci parla e sempre ci fa sapere quello che Lui vuole. E nelle parole, da me tanto contestate, per cui la forma della testimonianza è la "testimonianza di Cristo in me", oggi ho trovato un riferimento di grande significato.
Stamattina stavo rileggendo l'Apocalisse quando mi sono imbattuto nella seguente frase: "La testimonianza di Gesù è lo Spirito di profezia" (Ap 20,10).
In questi tempi di grande confusione (forse tempi apocalittici...), noi siamo chiamati anche ad essere per i nostri fratelli cristiani e per tutto il mondo anche profeti.
Profeti di quello che sappiamo, nella sua forma più semplice: Gesù Cristo, nonostante le apparenze a volte violentemente contrarie, non ci abbandona mai, non ci lascia mai soli. Lui c'è.

Nessun commento:

Posta un commento